Terapia per la leucemia linfatica cronica
La leucemia linfatica cronica è una malattia a crescita lenta e di conseguenza, una volta effettuata la stadiazione, non è detto che tutti i pazienti debbano essere subito sottoposti a terapia. In molti casi infatti il trattamento inizia solo quando la malattia diventa sintomatica altrimenti si adotta la tecnica del "wait and wacht" (cioè si aspetta e nel frattempo si effettuano controlli periodici dell'andamento della malattia).
La disponibilità di diverse opzioni terapeutiche con specifici profili di efficacia e di tossicità impone di pianificare accuratamente la scelta terapeutica in base agli obiettivi ragionevolmente raggiungibili, per conseguire il migliore risultato clinico minimizzando i rischi di morbilità e/o mortalità iatrogena. La scelta del trattamento dovrebbe tenere conto oltre che dell’età cronologica del paziente e delle eventuali patologie concomitanti, anche della sua età biologica, ovvero dell’età che una persona esprime in rapporto alla qualità biologica dei suoi tessuti, organi e apparati comparati a valori standard di riferimento. Attraverso la valutazione delle comorbidità, dello stato funzionale e nutrizionale e dell’eventuale presenza di sindrome geriatrica vengono individuate tre categorie di pazienti: fit, unfit e frail. Ogni gruppo viene trattato in modo diverso.
Da: CLLeague. La gestione terapeutica della leucemia linfatica cronica: dalla teoria alla pratica clinica. Clinical Practice 2011; anno VIII, n°2
Pazienti fit. L’obiettivo del trattamento di prima linea nei pazienti in buone condizioni generali (FIT) è il raggiungimento della remissione completa (RC).
Pazienti unfit. I pazienti unfit e gli anziani sono raramente inclusi nei trial clinici, mancano, quindi, dati robusti generati da studi prospettici. L’end-point terapeutico per tali pazienti è migliorare la ORR (Overall Response Rate) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS).
Pazienti frail (presenza di numerose o gravi comorbidità e ridotta aspettativa di vita per cause altre dalla CLL). L’end-point terapeutico è la palliazione dei sintomi, da perseguire tramite il contenimento del clone leucemico e la terapia di supporto (trasfusionale ed antinfettiva)
La leucemia linfatica cronica (LLC) viene curata con la chemioterapia. Tra i farmaci più usati vi sono gli analoghi delle purine, ma anche agenti alchilanti oppure corticosteroidi o altri farmaci. Tuttavia le chemioterapie intensive non sono applicate a tutti i pazienti, poiché la maggioranza dei pazienti è in età avanzata e non potrebbe tollerarne la tossicità; inoltre molti pazienti possono sopravvivere a lungo anche con cure meno aggressive.
Alcune categorie di pazienti, come per esempio i più giovani e quelli che non rispondono alle altre terapie, possono essere sottoposte a trapianto di midollo. Il trapianto di midollo osseo autologo consente di ottenere percentuali di remissione complete nel 50-80% dei casi. Il trapianto allogenico (da donatore) consente di ottenere la remissione molecolare della malattia, cioè la scomparsa totale del clone leucemico, grazie alla sostituzione delle cellule del paziente con cellule da parte di un donatore sano. Il trapianto allogenico consente un aumento della sopravvivenza libera da malattia rispetto ai pazienti che ottengono soltanto la remissione morfologica (cioè che non producono più cellule tumorali, ma conservano nei geni le caratteristiche molecolari della malattia).
Negli ultimi anni sono entrati in commercio diversi anticorpi monoclonali usati da soli o in combinazione con la chemioterapia. Lo sviluppo di nuovi anticorpi monoclonali è stato diretto verso nuovi antigeni o regioni diverse dello stesso antigene, o alla formulazione di anticorpi a struttura modificata per migliorare l’attività di tossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente (antibody-dependent cell-mediated cytotoxicity, ADCC) e di capacità di indurre apoptosi.
Di seguito riportiamo alcune nuove classi di molecole e nuovi approcci terapeutici attualmente in fase di studio per la terapia della LLC.
- Molecole con proprietà immunomodulanti
- Inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti (CDK), che arrestano il ciclo cellulare e riducono l’espressione di proteine a effetto anti-apoptotico
- Inibitori di Bcl-2
- Inibitori delle tirosin-chinasi
- Inibitori di SYK, una tirosin-chinasi fondamentale per la traduzione del segnale del BCR e quindi per la sopravvivenza delle cellule B.
- Inibitori del recettore del vascular endothelial growth factor (VEGF)
- Vaccini. La LLC presenta alcune peculiari caratteristiche che la rendono una malattia ottimale a cui applicare approcci immunoterapici. Le cellule tumorali sono facilmente accessibili dal sangue venoso periferico ed esprimono antigeni HLA di classe I e II e hanno la potenzialità di funzionare come cellule presentanti l’antigene (APC).
La LLC ancor oggi è considerata una patologia non eradicabile con la terapia convenzionale ed i pazienti presentano nel tempo ricorrenti recidive di malattia. Le recidive sono frequenti e spesso difficili da trattare, perché meno sensibili ai chemioterapici e richiedono modifiche del trattamento.Tuttavia, la malattia è a crescita lenta e i pazienti con malattia in fase iniziale e stabile non vengono sottoposti a chemioterapie: <40-50.000 linfociti/mmc, <3 sedi linfatiche interessate e assenza di sintomi correlati alla malattia possono essere monitorati nel tempo con visite periodiche ed esami del sangue "wait and watch".