Infezioni urinarie
Le infezioni del tratto urinario (UTI) comprendono le cistiti acute (infezioni della vescica, le più comuni) e le pielonefriti acute (infezioni del parenchima renale).
Le donne sono esposte molto più frequentemente al rischio di infezioni urinarie, di cui la più comune è la cistite acuta, per la frequente colonizzazione del vestibolo della vagina da parte di batteri della flora fecale.
Epidemiologia
Le UTI acute e sintomatiche nel tratto urinario nelle donne giovani e sessualmente attive sono un evento frequente: dai dati di una coorte di circa 800 donne è stata stimata un'incidenza di 0,5-0,7 episodi per anno per persona: una storia di UTI, un rapporto sessuale recente e il recente uso di spermicidi costituiscono i principali fattori di rischio.
Nelle donne in età postmenopausale l’incidenza è di circa 10 volte inferiore.
Uno studio di sorveglianza condotto in Portogallo durato dieci anni su circa 155mila campioni di urina di cui 18mila circa positivi per infezione batterica (Linhares, BMC Infectious diseases, 2013) ha evidenziato che circa l’80% dei casi riguarda le donne.
Per quanto riguarda la distribuzione per età, secondo questo stesso lavoro il 40% per cento circa dei casi riguarda pazienti anziani.
Sempre nel sesso femminile, per le pielonefriti acute, più rare, si stima un’incidenza di 12-13 episodi ogni 10mila persone l’anno.
Manifestazioni cliniche
I sintomi della cistite, che possono presentarsi in modo subdolo nel grande anziano o nel soggetto molto giovane, includono generalmente:
- intensa urgenza a urinare
- minzione frequente con piccola quantità di urina
- dolore e bruciore durante la minzione
- urine torbide o talvolta scure o maleodoranti
- dolore pelvico
- ematuria
Nella pielonefrite, che nella maggior parte dei casi si presenta congiuntamente alla cistite, al quadro descritto dei sintomi si aggiungono:
- febbre (>38°C)
- brividi
- dolorabilità dell’angolo costovertebrale
- nausea/vomito
- insufficienza renale acuta e/o sepsi nelle infezioni complicate.
Generalmente un’infezione del tratto urinario si risolve con un trattamento antibiotico appropriato, ma può evolvere verso forme complicate se il soggetto presenta condizioni che aumentano le probabilità di fallimento delle terapie (tabella).
Si considera UTI complicata un’infezione che determina pielonefrite enfisematosa, ascesso corticomidollare, ascesso perinefrico o necrosi papillare.
Condizioni che aumentano le probabilità di complicanze nelle UTI
- diabete
- gravidanza
- sintomi presenti da più di 7 giorni
- infezione acquisita in ospedale
- insufficienza renale
- ostruzione del tratto orinario
- catetere, stent, nefrostomia, diversione urinaria
- procedure invasive recenti
- anomalie anatomiche o funzionali del tratto urinario
- storia di UTI in età pediatrica
- trapianto renale
- immunosoppressione/immunodeficienza
Diagnosi
La valutazione clinica inizia con l’anamnesi. L’esame obiettivo può rilevare la febbre, la dolorabilità sovrapubica e dell’angolo costovertebrale.
Le analisi di laboratorio includono l’esame delle urine per la ricerca di piuria e nitriti (prodotto metabolico degli enterobatteri) e batteriuria, eventualmente con urinocoltura se ci sono ragioni per sospettare resistenze batteriche. Salvo casi particolari, non è necessario di routine l’imaging.
La diagnosi differenziale viene posta con le altre condizioni, infettive e non, che possono causare disuria, ematuria, dolore sovrapubico, urgenza e frequenza minzionale: vaginiti, uretriti, anomalie strutturali dell’uretra, cistite interstiziale, malattia infiammatoria pelvica, nefrolitiasi.
La persistenza di sintomi significativi dopo 48-72 ore di terapia appropriata suggerisce l’opportunità di ulteriori indagini per verificare l’esistenza di forme complicate:
- urinocoltura per verificare la sensibilità del patogeno agli antibiotici
- imaging: Rx o CT o MRI (ad esclusione della gravida o se la gravidanza non è stata esclusa in una donna in età fertile, e in ogni caso in cui non si ritenga opportuna l’esposizione a radiazioni ionizzanti o al mezzo di contrasto) o, in alternativa, ecografia.
Patogenesi
Le UTI nella donna iniziano generalmente con la colonizzazione del vestibolo della vagina da parte di batteri uropatogeni presenti nella flora fecale.
Nelle pielonefriti la sorgente di infezione più probabile per il rene è l’estensione dell’infezione dalla vescica attraverso gli ureteri, favorita da fattori legati all’ospite o al patogeno stesso. Più raramente la pielonefrite può derivare da batteremia o dalla presenza di batteri nella linfa.
Escherichia coli è l’agente microbico più frequentemente implicato nelle UTI (75-90% dei casi), soprattutto nella donna.
Altri microrganismi responsabili includono altri enterobatteri (Proteusmirabilis, Klebsiella pneumoniae) e stafilococchi quali Staphilococcus saprophyticus, S.aureus e S. epidermidis.
Data la frequenza dell’E. coli come patogeno responsabile, il dato locale di prevalenza delle resistenze agli antimicrobici per questa specie è un parametro rilevante ai fini della scelta del trattamento farmacologico.
Nelle UTI complicate è frequente il riscontro di patogeni resistenti agli antimicrobici comunemente impiegati nel trattamento delle cistiti non complicate.