Strategie Terapeutiche
L’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) è generalmente usato come marcatore qualitativo per la diagnosi di infezione da HBV e l’epatite B cronica è definita dalla persistenza dell’HBsAg in circolo per più di 6 mesi. L’epatite B cronica si associa inoltre a livelli di HBV DNA nel siero >2000 UI/ml e a un aumento, persistente o intermittente, dei livelli di ALT. La clearance dell’HBsAg è considerata un marcatore di remissione definitiva dell’attività virale e si associa a una ridotta incidenza di epatocarcinoma e a un aumento della sopravvivenza, che rappresentano i risultati clinici più vicini alla guarigione che si possono ottenere per questa patologia. D’altra parte, è definito “carrier inattivo” un individuo positivo per HBsAg per più di 6 mesi, in presenza tuttavia di negatività per HBeAg, di livelli di HBV DNA inferiori alle 2000 UI/ml e livelli di ALT persistentemente nella norma nell’arco di due anni di monitoraggio.
Il controllo dell’evoluzione della malattia rappresenta l’obiettivo prioritario del trattamento antivirale, la cui efficacia è misurabile in modo indiretto grazie all’effetto della terapia sui parametri biochimici, virologici e istologici. Le attuali strategie di trattamento dell'infezione da virus dell'epatite B sono modulate sul profilo virologico del paziente, sull'entità del danno epatico, sulle diverse fasi temporali dell'infezione.
Uno dei parametri determinanti nella scelta della strategia terapeutica è la positività per l’antigene virale HbeAg. HbeAg compare circa 7-10 giorni dopo HbsAg e scompare dopo 2-3 settimane, con la formazione del relativo anticorpo; la presenza di HBeAg nel siero è indicativa di attiva replicazione virale. Nei pazienti HBeAg-positivi l'obiettivo è la sieroconversione ad anti-HBe, poiché questo indica la fase non replicativa del virus e comporta una significativa riduzione del rischio di progressione a cirrosi ed epatocarcinoma.
I farmaci disponibili per il trattamento dell’epatite cronica B sono dotati di attività antivirale più o meno associata a un’azione immunomodulante. Hanno caratteristiche diverse con vantaggi e svantaggi che devono sempre essere considerati in ogni singolo caso.
Esistono due strategie terapeutiche principali:
- Trattamento antivirale-immunomodulante di durata definita, mirato a controllare l’infezione attraverso l’uso di un farmaco dato per un tempo limitato e con l’obiettivo di stimolare il controllo immunologico a lungo termine dell’infezione;
- Trattamento con antivirali a lungo termine, mirato a raggiungere e mantenere l’inibizione della replicazione virale.