Terapia del carcinoma non-microcitoma (NSCLC)
Malattia iniziale (stadio I e II) e malattia localmente avanzata operabile (stadio IIIA)
La terapia chirurgica rappresenta il trattamento elettivo, ove possibile, nella malattia iniziale in stadio I e II e nella malattia localmente avanzata in stadio IIIa minimo. Dovrebbe essere effettuata esclusivamente in centri specializzati con alto volume di attività.
Il tipo di chirurgia dipende dalle dimensioni e dalla localizzazione del tumore primitivo:
- pneumectomia (asportazione di un intero polmone) con lesioni centrali o coinvolgimento di più lobi;
- lobectomia/bilobectomia (asportazione di uno o due lobi) con lesioni periferiche o dell’ilo lobare;
- exeresi sublobare (riduzione segmentaria) con tumori di ridotte dimensioni o in presenza di grave compromissione della funzionalità respiratoria.
Le resezioni polmonari devono essere accompagnate da linfoadenectomia radicale (o almeno a sampling sistematico dei linfonodi). La prognosi è correlata alla stadiazione patologica della malattia. I dati di sopravvivenza globale a 5 anni per pazienti con resezioni radicali variano dal 75% per lo stadio IA al 35-40% per lo stadio II (AIOM 2013).
Per essere candidati alla chirurgia, i pazienti devono rispondere a tre criteri di operabilità:
- Operabilità biologica (prospettiva di resezione radicale in relazione allo stadio)
- Operabilità anatomica (volume di resezione per garantire radicalità accettabile)
- Operabilità funzionale (sufficiente capacità respiratoria predetta dopo intervento)
Prima dell’intervento, i pazienti candidati a resezione polmonare devono andare incontro a un’accurata valutazione cardiopolmonare, per escludere dal programma chirurgico i soggetti a rischio operatorio eccessivo. La chirurgia non è proponibile a pazienti che, pur con un nodulo polmonare limitato, presentano segni di malattia avanzata (ad es. versamento pleurico, esteso coinvolgimento di linfonodi, estesa invasione tracheale) o in pazienti con importanti patologie concomitanti.
Stadio IIIA
Lo stadio IIIA rappresenta un gruppo disomogeneo in relazione alle scelte terapeutiche, soprattutto per quanto riguarda l’entità del coinvolgimento dei linfonodi loco-regionali (coinvolgimento dei linfonodi mediastinici e/o sottocarenali ipsilaterali N2). In casi selezionati (ad es. linfonodo metastatico singolo e in sede favorevole, tumore primario resecabile) l’intervento chirurgico, che comprende anche la linfoadenectomia mediastinica, può essere effettuato ed è generalmente preceduto da chemioterapia neoadiuvante (AIOM 2013).
Terapia neoadiuvante
In caso di malattia localmente avanzata con interessamento N2 operabile, la chirurgia viene preceduta da chemioterapia neoadiuvante o di induzione con lo scopo di ridurre il volume della massa tumorale e, al contempo, ridurre la quota di malattia micrometastatica potenzialmente presente. Il regime utilizzato si basa su una doppietta a base di platino da effettuare per un massimo di 4 cicli, a seconda dell’efficacia e della tollerabilità.
Terapia adiuvante
Per ridurre il rischio di recidive, generalmente si consiglia la chemioterapia adiuvante (4 cicli di chemioterapia contenente sali di platino) per i pazienti sottoposti a resezione radicale in stadio II o III con buon performance status, assenza di patologie concomitanti e buona ripresa post-chirurgica. Si può valutare questa opzione anche in casi selezionati in stadio IB.
Tumore polmone non operabile
Lo standard terapeutico per la malattia iniziale non operabile (soprattutto in stadio I) è la radioterapia stereotassica ablativa, che consiste nella somministrazione di dosi elevate di radiazioni in una o poche frazioni. Questa tecnica consente buone percentuali di controllo della malattia in assenza di tossicità importanti ed è utilizzabile anche in pazienti anziani. Per noduli >5 cm e a localizzazione centrale si utilizzano solitamente altre modalità di radioterapia.
Tumore polmone stadi avanzati o non operabili
Malattia localmente avanzata non operabile (stadio IIIA e IIIB)
Un’accurata stadiazione dei linfonodi regionali è essenziale per distinguere le fasi iniziali di malattia (stadio I-II), lo stadio IIIA operabile e IIIA non operabile (interessamento di più stazioni linfonodali o diffusione linfonodale extranodulare –bulky). Nello stadio IIIB l’indicazione chirurgica è rara.
Nei pazienti con malattia localmente avanzata inoperabile lo standard terapeutico è costituito dalla chemioradioterapia concomitante. Non vi sono indicazioni univoche sul migliore regime di chemioterapia da utilizzare. I profili di tossicità di questo approccio combinato ne limitano l’uso a pazienti con PS ≤1 e con minima perdita di peso nei 3 mesi precedenti la diagnosi. In alternativa, si può utilizzare un approccio sequenziale (chemioterapia seguita dalla radioterapia). L’utilizzo della sola radioterapia è riservato ai pazienti non idonei a ricevere un trattamento di chemioterapia (AIOM 2013).
Malattia metastatica (stadio IV)
Con poche eccezioni (es. alcuni casi di malattia oligometastatica), la malattia metastatica (stadio IV) non è operabile, quindi l’unica opzione terapeutica è la terapia sistemica, il cui obiettivo non è la guarigione ma la cronicizzazione della malattia. La scelta della terapia sistemica è basata sulla classificazione istologica, la biologia molecolare, l’età e le condizioni generali del paziente, la presenza di patologie concomitanti e le preferenze del paziente.
Negli ultimi anni la gestione del paziente con carcinoma metastatico è cambiata notevolmente, grazie principalmente all’introduzione di nuovi farmaci (i cosiddetti chemioterapici di terza generazione e soprattutto le terapie a bersaglio molecolare) e a una migliore integrazione dei trattamenti disponibili. Questo nuovo approccio terapeutico ha consentito un miglioramento nelle risposte obiettive (riduzione misurabile del volume/estensione del tumore), un incremento della sopravvivenza (globale o libera da progressione) e un miglioramento della qualità della vita.
In questa fase di malattia è importante sia un’accurata diagnosi cito-istologica del tumore (es. alcune terapie non sono indicate nel carcinoma squamoso) sia la sua caratterizzazione biomolecolare (per una scelta appropriata dei farmaci biologici). In particolare, è fondamentale, prima di decidere una linea terapeutica, verificare lo stato mutazione di EGFR nei pazienti con istotipo adenocarcinoma, carcinoma misto con adenocarcinoma, carcinoma a grandi cellule o NSCLC non altrimenti specificato, e nei pazienti non fumatori con carcinoma squamoso. Il test è effettuato su tessuto istologico, ottenuto da asportazione chirurgica o prelievo bioptico, o su prelievo citologico del tumore primitivo o delle metastasi. Analogamente, è necessario verificare, negli istotipi citati (ma non nel carcinoma squamoso) se è presente la traslocazione di ALK (AIOM 2013;).
I linea
Pazienti positivi per mutazioni di EGFR
- Nei pazienti positivi per mutazioni di EGFR la terapia di scelta in prima linea è costituita da inibitori delle tirosin-chinasi EGFR (erlotinib, gefitinib o afatinib).
Pazienti negativi per mutazioni di EGFR/stato EGFR non noto
- Nei pazienti negativi per la mutazione di EGFR (o con stato EGFR non noto), il trattamento standard è la chemioterapia con regimi a 2 farmaci contenenti composti del platino (preferibilmente cisplatino) per 4-6 cicli.
- Nei pazienti con istotipo non-squamoso, possono essere valutate come opzioni di prima scelta la combinazione cisplatino-pemetrexed o l’aggiunta del farmaco biologico bevacizumab (un inibitore di VEGF) al regime a 2 farmaci contenente composti del platino. Bevacizumab è solitamente utilizzato in associazione a carboplatino-paclitaxel.
- Nei pazienti anziani e/o con PS ≥2, si valutano generalmente regimi alternativi (es. regimi con carboplatino, cisplatino a dosi ridotte o monochemioterapia).
Mantenimento
Ai pazienti senza progressione al completamento della chemioterapia di I linea si può offrire l’opzione di una terapia di mantenimento, che può seguire due strategie:
- terapia di continuazione (la prosecuzione del farmaco che è stato utilizzato in associazione al platino in prima linea – continuation maintenance);
- la terapia di sostituzione (l’uso di un farmaco diverso da quello utilizzato in associazione al platino in I linea – switch maintenance).
Le decisioni riguardo alla terapia di mantenimento devono tener conto dell’istotipo tumorale, della tossicità residua dopo la terapia di I linea, delle condizioni e delle preferenze del paziente.
Farmaci indicati per la terapia di mantenimento includono erlotinib, bevacizumab e pemetrexed.
II linea
Ai pazienti in progressione clinica o radiologica dopo la I linea di trattamento (seguita o meno da terapia di mantenimento) si offre una II linea di trattamento, se le condizioni generali lo permettono (PS 0-2).
- Farmaci con dimostrata efficacia in II linea includono pemetrexed (in pazienti con istotipo non-squamoso), docetaxel ed erlotinib (anche in pazienti non testati per mutazioni di EGFR o EGFR-negativi).
- Nei pazienti EGFR-positivi in progressione dopo la terapia con inibitori delle tirosin-chinasi (erlotinib, gefitinib o afatinib), la II linea di trattamento coincide con la I linea di chemioterapia cui vengono sottoposti i pazienti EGFR-negativi (regimi a 2 farmaci con composti del platino).
- I pazienti positivi al test per la traslocazione di ALK (chinasi del linfoma anaplastico) in progressione dopo la I linea di chemioterapia dovrebbero ricevere l’inibitore di ALK crizotinib.
Linee successive
Per i pazienti in progressione dopo la II linea, è possibile la somministrazione di linee successive.
- Erlotinib ha dimostrato efficacia in III linea ed è indicato in pazienti anche EGFR-negativi che non abbiano ancora ricevuto EGFR-inibitori nelle linee precedenti.
- I pazienti EGFR-positivi che non abbiano ancora ricevuto una terapia con gli inibitori delle tirosin-chinasi dovrebbero riceverli nelle linee successive. Analogamente, pazienti positivi al test per la traslocazione di ALK che non abbiano ancora ricevuto crizotinib nelle linee precedenti dovrebbero essere trattati con questo farmaco.
Terapie palliative o per metastasi
Oltre alla terapia primaria, in base alle condizioni dei singoli pazienti in stadio IV si possono valutare terapie palliative (di tipo farmacologico, chirurgico o radioterapico) o terapie specifiche per i siti metastatici interessati (ad es. bifosfonati nelle metastasi ossee).