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      Il Carcinoma Mammario

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    3. Trattamento

     

    Carcinoma mammario: Trattamento

    Carcinoma mammario primario

    Il trattamento deve spettare a una breast unit: dipartimenti specializzati con alta casistica di pazienti con neoplasie della mammella, dotati di team multidisciplinari con chirurgo, radioterapista, oncologo medico, radiologo e anatomopatologo elettivamente dedicati al tumore della mammella. [1]

    La scelta della strategia terapeutica dipende dalla localizzazione/estensione del carcinoma (dimensione e sede del tumore primario, numero delle lesioni, numero ed estensione del coinvolgimento di linfonodi), da aspetti biologici del carcinoma (istologici, inclusi biomarcatori ed espressione genica), così come dall’età e dalle condizioni generali di salute delle pazienti e dalle preferenze personali. [1]

    Chirurgia

    • La mastectomia bilaterale profilattica e la ricostruzione  possono essere proposte nelle donne a rischio molto elevato, così come in quelle con precedente irradiazione in sede toracica per linfoma o portatrici di mutazione BRCA1 o BRCA2. [1]
    • Il carcinoma duttale in situ può essere trattato con terapia conservativa (a condizione di chiara resezione dei margini), oppure con mastectomia.
    • La radioterapia complementare dopo terapia conservativa per il carcinoma duttale in situ riduce il rischio di recidive locali con sopravvivenza analoga a quella che segue la mastectomia.[1]
    • La conservazione mammaria (ampia escissione locale e radioterapia) è il trattamento locale di scelta nella maggior parte delle pazienti con carcinoma mammario invasivo. In alcune circostanze potrebbe essere comunque eseguita la mastectomia per le dimensioni tumorali (relative alla dimensione del seno), per la multicentricità del tumore, per precedente radioterapia alla parete toracica o al seno, o per scelta della paziente.[1]
    • La ricostruzione mammaria dovrebbe essere messa a disposizione delle donne che richiedono la mastectomia. [1]
    • La biopsia del linfonodo sentinella, piuttosto che la linfoadenectomia ascellare totale, è oggi una procedura standard, a meno che il coinvoligimento dei linfonodi ascellari non sia accertato.
    • Pazienti con cellule tumorali isolate (<0,2 mm) nel linfonodo sentinella e pazienti con un coinvolgimento limitato dei linfonodi sentinella destinate alla radioterapia tangenziale al seno potrebbero non avere necessità anche della linfoadenectomia ascellare totale. [1]

    Radioterapia

    • La radioterapia postoperatoria è fortemente raccomandata dopo trattamento conservativo. [1]
    • La radioterapia post-mastectomia è raccomandata per le pazienti con quattro o più linfonodi ascellari postivi e/o con tumore T3-T4, e potrebbe essere considerata per le pazienti con 1-3 linfonodi positivi, specie in presenza di fattori di rischio aggiuntivi.[1]
    • Schemi di frazionamento più brevi (per esempio 15-16 frazioni con 2.5-2.67 Gy in dose singola), validati in ampi studi prospettici, sono generalmente raccomandati. [1]

    Terapia sistemica adiuvante

    • La decisione di attuare una terapia sistemica adiuvante dipende dalla determinazione del fenotipo intrinseco determinato dalla valutazione di ER/PgR, HER2 e Ki67. Il trattamento dovrebbe iniziare preferibilmente entro 2-6 settimane dall’intervento chirurgico. [1]
    • La terapia endocrina è indicata in tutte le pazienti con espressione rilevabile di ER, definita come ≥1% delle cellule tumorali invasive, indipendentemente dalla chemioterapia e/o dalla terapia mirata.[1]
    • La chemioterapia di solito consiste in 4-8 cicli di un’antraciclina e/o un taxano (è raccomandato l’uso sequenziale di antraciclina e taxano, non concomitante).[1]
    • Trastuzumab combinato con la chemioterapia nelle pazienti con iperespressione/amplificazione di HER2 approssimativamente dimezza il rischio di recidive e migliora la sopravvivenza globale, rispetto alla sola chemioterapia.[1]

     

    Bibliografia

    1. Senkus E et al. Ann Oncol 2013; 24 (Suppl 6): vi7-vi23.

     

    Gestione del carcinoma mammario metastico

    La gestione del carcinoma mammario metastatico dovrebbe coinvolgere tutte le specialità mediche appropriate nell’ambito di un team multi/interdisciplinare.[1]

    Sin dalla diagnosi di carcinoma mammario metastatico, alle pazienti si dovrebbero fornire interventi personalizzati e appropriati di natura psicosociale, di supporto e correlati alla sintomatologia, che rientrino nella routine del loro piano di cura. [1]

    Opzioni terapeutiche

    • La scelta del trattamento dovrebbe prendere in considerazione gli aspetti biologici del tumore e l’impatto della patologia, le precedenti terapie e le risposte ottenute, le preferenze della paziente, la performance e le comorbidità, i fattori socioeconomici e psicologici, le terapie disponibili.[1]
    • La durata di ciascun regime terapeutico, e il numero dei regimi, dovrebbe essere individualizzata.[1]
    • Un approccio multidisciplinare aggressivo che includa la terapia locale potrebbe essere garantito in selezionate pazienti con metastasi limitata.[1]
    • La terapia endocrina è l’opzione terapeutica preferita in caso di carcinoma positivo al recettore per gli ormoni, fatta eccezione per i casi in cui sia assicurata una risposta rapida o si sospetti resistenza alla terapia endocrina.[1]
    • La terapia diretta contro HER2 dovrebbe essere eseguita quanto prima in tutte le pazienti HER2-positive, sia come monoterapia sia come terapia combinata alla chemio o all’ ormonoterapia. In caso di progressione del carcinoma durante la terapia anti-HER2 combinata ad un agente citotossico, si dovrebbe attuare una terapia anti-HER2 di seconda linea.[1]
    • La mono-chemioterapia sequenziale rappresenta l’opzione terapeutica da preferirsi in assenza di rapida progressione clinica, di metastasi viscerali gravi ed è necessaria per un controllo rapido di sintomi e/o patologia.[1]

     

    Bibliografia

    1.  Cardoso F et al. Ann Oncol 2012; 23 (Suppl 7): vi11-vi19.

     

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