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    HPV: perché non ci si vaccina?

    Microscopio e laser per vedere meglio il tumore 

    L’OMS aggiorna i documenti sugli HPV

    Cosa c’è da sapere sul papillomavirus

    Ginecologi e Osservatorio nazionale screening: un patto per la prevenzione

    Attenzione allo screening

    Non vuoi fare il pap-test? Arriva un kit “fai-da-te”

    LILT in azione: la prevenzione parte dalla Sicilia

    Non è un tumore (solo) per giovani

    In Lombardia screening oncologici gratuiti, ma pochi rispondono all’invito

    HPV: perché non ci si vaccina?

    Il 70% di tutti i tumori alla cervice uterina è causato dal papillomavirus umano (HPV). Esiste un vaccino raccomandato per gli adolescenti dai 12 anni, sia femmine sia maschi. Uno studio statunitense ha mostrato che nel 2013 il tasso di vaccinazione dai 13 ai 17 negli USA è stato solo del 26%. Il 19% ha iniziato a sottoporsi alla vaccinazione ma non ha completato la procedura sottoponendosi a tutti i richiami. Tra questi numeri, inoltre, si è visto che la vaccinazione completa avviene maggiormente nelle donne (38%) rispetto agli uomini (14%).

    Come mai si assiste a questa defezione verso una vaccinazione così importante per la prevenzione di una malattia come il cancro? La maggior parte delle motivazioni è dovuta a una scarsa informazione e al fatto che la vaccinazione non sia “raccomandata”. Si crede che non sia necessaria (nel 17% degli intervistati) e non si conoscono i vantaggi o si diffida a causa di temuti e infondati problemi di sicurezza. Anche l’età della prima somministrazione – 12 anni – gioca un ruolo importante: la maggior parte degli adolescenti non è sessualmente attiva (8.7%) e i genitori non ne comprendono la necessità. L’educazione sessuale – in questo senso – potrebbe essere utile per far comprendere l’importanza della vaccinazione. I genitori di figli maschi, invece, sono spesso convinti che sia utile proteggere solo le donne, proprio perché non conoscono le basi della malattia.

    In Italia i numeri sono più soddisfacenti, anche se esistono delle differenze regionali marcate. Sul territorio nazionale sono state vaccinate il 70% delle ragazze (a 12 anni). In Toscana e Umbria questa percentuale supera l’80%, viceversa Bolzano, Sicilia e Campania sono meno virtuose e hanno una percentuale di adesione intorno al 60%.

    Il problema delle vaccinazioni è dovuto alle molteplici preoccupazioni sulla loro sicurezza a fronte di un beneficio che non sempre è chiaro ai genitori che devono scegliere per i propri figli. Spesso si temono rischi per la salute proveniente dalla vaccinazione e non dalla malattia. Molti genitori non sono informati su cosa sia l’HPV, come si contrae e il suo legame con il cancro alla cervice uterina, ma anche ad altri tumori come al cancro dell’ano, vagina e pene.

    L’OMS raccomanda la presenza del vaccino contro l’HPV – disponibile dal 2006 - nel piano vaccinale di routine. Possono vaccinarsi sia femmine che maschi.

    Fonte:

     http://www.futurity.org/hpv-vaccines-public-health-1307572-2/

    http://video.repubblica.it/dossier/vaccinati-contro-hpv/l-hpv-i-vaccini-i-giovani-la-scienza-e-la-scuola-la-parola-alla-senatrice-elena-cattaneo/260359/260674?ref=vd-auto&cnt=2

    http://video.repubblica.it/dossier/vaccinati-contro-hpv/beatrice-lorenzin-ministero-pediatri-scuole-contro-l-hpv-serve-gioco-di-squadra/259636/259942

    Microscopio e laser per vedere meglio il tumore

    Un microscopio ottico “speciale” unito a un laser a raggi infrarossi: sono gli strumenti utilizzati da un gruppo di ricerca italo-britannico, che ha visto il coinvolgimento dell’Istituto di struttura della materia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ism-Cnr) di Roma Tor Vergata, per studiare il tumore alla cervice uterina. Lo scopo era quello di analizzare le condizioni che precedono la rapida proliferazione del tumore, in modo da captare i segnali predittivi: aumento delle proteine, dei lipidi e degli acidi nucleici.

    I ricercatori sono riusciti a distinguere il tessuto sano da quello malato fin dai primi stadi della malattia, consentendo una diagnosi tempestiva a livello microscopico, proprio per il tipo di strumenti utilizzati.

    Antonio Cricenti, ricercatore di Ism-Cnr, spiega: “La tecnica Snom-Ir-Fel, di estrema precisione, può essere utilizzata per identificare la posizione all’interno delle cellule di biomarcatori, molecole che permettono di individuarle e isolarle, portando ad una maggiore comprensione dello sviluppo del cancro e consentendo di identificare le esatte posizioni nelle quali agire con la terapia”.

     

    Il progetto è stato finanziato in Gran Bretagna dal Science and Technology Facilities Council (Stfc) negli ultimi cinque anni e sarà presto seguito da una successiva fase di ricerca, approvata dall’Engineering and Physical Sciences Research Council (Epsrc), indirizzata alla costruzione di un’altra sorgente infrarossi.

     

    Fonte: Galileonet

    L’OMS aggiorna i documenti sugli HPV

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiornato i fact sheet – ossia i fogli informativi contenenti le indicazioni, i dati e tutto ciò che torna utile per prevenire e arginare il problema – sui papilloma virus (HPV). Si legge su questi documenti che esistono più di 100 tipi di HPV, di cui almeno 13 sono cancerogeni: in particolare l’HPV 16 e 18 causano il 70% dei tumori al collo dell’utero e delle lesioni alla cervice precancerose. L’HPV – responsabile del cancro alla cervice uterina – si trasmette per via sessuale. L’HPV è associato anche al cancro ad ano, vulva, vagina e pene.

    Il cancro cervicale è il quarto tumore più frequente nelle donne. Si stimano più di 500 mila casi nuovi ogni anno. Per questo è fondamentale conoscerlo, sapere quali siano le cause e attuare tutte le strategie per difendersi.

    A oggi gli strumenti sono sicuramente di tipo preventivo: la vaccinazione in giovanissima età, per esempio, è una delle azioni consigliate come più efficace e sicura, anche perché permette di proteggere sia chi si vaccina sia eventuali partner sessuali della persona vaccinata. L’Agenzia Italiana del Farmaco considera ormai necessaria la vaccinazione contro l’HPV per le sue ricadute benefiche sull’insorgenza del tumore alla cervice uterina e altri tipi di tumore.

    Dal punto di vista terapeutico, invece, esistono dei programmi che permettono di identificare in modo tempestivo eventuali lesioni, così da non farle evolvere in cancro. Tale trattamento impedisce fino all’80% la formazione del tumore del collo dell'utero. Il tasso di mortalità da cancro cervicale (52%) potrebbe essere ridotto a livello globale proprio da programmi di screening efficaci.

     

    Fonte: Quotidiano della Sanità

     

    Cosa c’è da sapere sul papillomavirus

    Si parla tanto di infezione da HPV, spesso senza sapere di cosa si tratta. HPV è l’acronimo per papilloma virus umano (in inglese human papillomavirus), e la sua importanza dipende – anche – dal rischio di sviluppare un tumore al collo dell’utero qualora si contragga il virus.Il tumore del collo dell’utero spesso  riguarda giovani donne dai 15 ai 44 anni. Nella triste classifica dei tumori femminili più diffusi si trova al quinto posto: ogni anno in Italia vi sono circa duemila nuove diagnosi. Ma non basta: il virus – che si trasmette per via sessuale – può dare origine a cancro anche in altre zone come vulva, vagina, pene, ano, bocca e faringe ed è quindi un fattore di rischio anche per l’uomo e non solo per la donna. 

    Quali strumenti abbiamo per difenderci da queste malattie? Le donne per difendersi dal tumore delle cervice uterina hanno a disposizione  hanno a disposizione lo screening per quanto , mentre per i tumori maschili causati da HPV non esistono screening validati. Ciò che invece possiamo fare per prevenire l’infezione – e quindi l’insorgenza del tumore - è vaccinare le giovani donne. L’Italia è il primo paese europeo ad aver adottato una politica di vaccinazione e di informazione molto forte, fino ad arrivare alla distribuzione gratuita del vaccino all’interno del programma sanitario nazionale. 

    Dal 2007/2008, infatti, il ministero della Salute ha deciso di stendere un programma adatto per prevenire in almeno il 95% delle ragazze i tumori e i disturbi collegati al Papilloma virus umano, rendendo quindi disponibile il vaccino gratuitamente e in tutto il territorio nazionale alle ragazze di dodici anni. 

    In alcune regioni la somministrazione è stata estesa anche ai maschi coetanei. In realtà, dopo otto anni, l’obiettivo da raggiungere sembra ancora lontano: solo il 70% di coloro che ne hanno diritto ha fatto richiesta del vaccino.

    Questo dato ha messo in allarme in ministero della salute che ha deciso quindi di comprendere il motivo che sta alla base della scarsa richiesta del vaccino: un’indagine svolta a campione su un numero consistente di famiglie ha dimostrato che le paure che spingono a evitarlo sono di tre tipi: la paura di eventi avversi, le scarse informazioni sulla pericolosità dell’infezione e pareri discordanti da parte dei medici stessi. 

    Serve quindi di sicuro un atteggiamento più concorde e informato da parte dei medici stessi, la descrizione precisa di ciò che si rischia con e senza il vaccino e quali siano i reali effetti della vaccinazione. Infine è importante che vi sia educazione per quanto riguarda la malattia: cos’è l’HPV e quali problemi può dare.

     

    Per ulteriori approfondimenti: bimbisani&belli.it

    Ginecologi e Osservatorio nazionale screening: un patto per la prevenzione

    La Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), l’Osservatorio Nazionale Screening (ONS) e il GISCi (Gruppo Italiano Screening del Cervicocarcinoma) hanno stretto un accordo di collaborazione per dare una svolta positiva alla prevenzione del tumore alla cervice uterina. Tra gli obiettivi del patto spiccano la riorganizzazione dello screening, nonché la volontà di incentivare la partecipazione a programmi di tutela della salute femminile.

    Le associazioni vorrebbero quindi passare da uno screening con Pap Test all’HPV Test e aumentare l’adesione al vaccino anti-papilloma virus. Tutto questo deve avvenire in modo uniforme per tutto il Paese e deve andare di pari passo con un aumento della consapevolezza da parte delle donne.

    «Il cancro al collo dell’utero lo scorso anno ha colpito oltre 2.100 donne - sottolinea il prof. Paolo Scollo presidente nazionale SIGO. Si tratta di una malattia pericolosa ma facilmente evitabile. Negli ultimi anni abbiamo assistito a profondi cambiamenti nella difesa dal carcinoma attraverso l'integrazione tra la prevenzione primaria, l’immunizzazione dal Papilloma virus, e quella secondaria rappresentata dal Pap Test. Di recente è stato introdotto l’HPV test come nuova modalità di screening. L’Italia è stato il primo Paese in Europa, insieme all'Olanda, che ha deciso di innovare i programmi di prevenzione. È una trasformazione che sta avvenendo in modo graduale e rappresenta una nuova e importante sfida per tutto il sistema sanitario nazionale. Ringraziamo Osservatorio Nazionale Screening per aver coinvolto i ginecologi, e quindi gli specialisti del benessere femminile, in questa attività di riorganizzazione».

    L’accordo prevede l’avvio di un progetto in cui le attività di screening e prevenzione attraverso il vaccino e l’informazione diventino concrete. Il programma prevede inoltre un’attività di verifica dei risultati che via via verranno raggiunti anche attraverso l’applicazione delle indicazioni della Consensus Conference per la definizione del percorso di screening nelle donne già vaccinate contro l’HPV che si è svolta a Firenze nelle scorse settimane.

     

    Fonte: Quotidiano sanità

     

    Attenzione allo screening

    Si sente sempre più spesso ripetere che lo screening è importante, che i test diagnostici tempestivi e precoci possono salvare delle vite, che ci si deve sottoporre con regolarità ad alcuni esami. Se tutto ciò è vero, bisogna comunque fare attenzione ad avere una certa disciplina affinché tutto ciò possa davvero tradursi in una riduzione nella mortalità.

    Da cosa dipende la reale efficacia di uno screening? Innanzitutto dal tipo di esame, dal target considerato e dalla frequenza. Il Position Statement della Fondazione Gimbe, presentato a Oxford alla conferenza internazionale Hellish Decisions in Healthcare ha cercato di fornire un quadro degli screening oncologici principali: mammella, cervice uterina, colon retto, ovaio e prostata. Cosa contiene il documento? Il documento è un’analisi puntuale degli esami di screening disponibili e fornisce informazioni su quali di questi siano più appropriati nelle varie situazioni. 

    Il documento si basa su una precisa caratteristica dei test di screening. Si chiama value ed è un parametro importante per decidere se un esame diagnostico possa davvero fare la differenza. Quando il value è elevato significa che la strategia di prevenzione produce grandi benefici rispetto ai rischi e costi associati; se il value è basso allora il rapporto tra benefici e costi (e rischi) è a sfavore dei primi. La Fondazione ha valutato le performance regionali nel periodo 2003-2013 utilizzando un indicatore che descrive le attività di 3 programmi di screening e l’adesione da parte della popolazione eleggibile. Si evince che esiste una copertura non ottimale con variabilità regionali. Nel corso degli anni vi è stato un miglioramento, ma sono ancora troppi gli screening a basso value prescritti e utilizzati dalla popolazione.

    «In accordo alle migliori evidenze scientifiche – ha spiegato il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta – dovrebbero essere offerti alle popolazioni ’target’ solo screening oncologici di provata efficacia nel ridurre la mortalità: di fatto, tutti quelli attualmente inclusi nei livelli essenziali di assistenza all’interno di programmi organizzati per il cancro del seno, della cervice uterina e del colon-retto. Tuttavia, assistiamo impotenti a un inaccettabile paradosso: da un lato i programmi di screening pubblici non sono  adeguatamente implementati, dall’altro il Ssn rimborsa una valanga di test diagnostici dal basso value, che a fronte di benefici incerti presentano rischi reali e consumano preziose risorse».

    Il position statement contiene inoltre le raccomandazioni per aumentare il value dei 5 screening oncologici considerati.

    «Oggi per garantire il massimo ritorno in termini di salute dal denaro investito – conclude Cartabellotta – da un lato è indispensabile una ottimale implementazione solo degli screening oncologici efficaci nel ridurre la mortalità, dall’altro occorre arginare la percezione professionale e sociale che in oncologia la diagnosi precoce costituisce sempre e comunque la migliore opzione. Perciò bisogna contrastare tutte le strategie dal ’low value’ che aumentano i rischi per la popolazione a fronte di benefici non documentati, determinando inaccettabili sprechi di denaro pubblico».

    Fonte: Termolionline

    Non vuoi fare il pap-test? Arriva un kit “fai-da-te”

    Un’idea originale e probabilmente anche utile: recapitare a casa delle donne un kit che permetta di auto-prelevarsi un campione di cellule per cercare il papilloma virus. Una sorta di diagnosi a domicilio e fai-da-te. Si tratta dell’iniziativa dell’Asl di Chieti rivolta a tutte quelle donne che – per motivi e difficoltà di vario tipo – non si recano presso gli ambulatori di competenza per sottoporsi al cosiddetto pap test, il prelievo di cellule dalla cervice uterina che consente di stabilire la presenza del virus HPV o di neoplasie.

    Questo test è fondamentale poiché il virus in questione è responsabile della maggior parte dei tumori e delle lesioni precancerose. Alle donne di Lanciano che ne fanno richiesta arriverà a casa una scatola contenente tutto il necessario per prelevarsi da sole il campione da analizzare, completo di istruzioni, provetta e spatola. Il tutto dovrà poi essere inviato ai laboratori della Citodiagnostica dell’ospedale di Lanciano.

    “Quello della cervice uterina è il primo tumore che l’Oms riconosce come sicuramente causato da un’infezione dovuta al Papilloma virus – sottolinea Donatella Caraceni, direttore dello Screening e della Citodiagnostica della Asl -. Si tratta di un virus molto diffuso che si trasmette con rapporti sessuali, e che in alcuni casi provoca lesioni da cui si può sviluppare un tumore nella parte inferiore dell’utero, preceduto, però, da alterazioni cellulari che è possibile riconoscere prima che possano degenerare. L’incidenza del tumore e la conseguente mortalità possono essere dunque efficacemente contrastate partecipando allo screening.,  Fare  diagnosi precoce vuol dire salvarsi la vita”.

    Lo screening è gratuito e non è necessario avere  un’ impegnativa. Nel caso di esito negativo del test, il referto viene inviato a casa mentre, in presenza di risultato positivo la donna viene contattata per un esame di approfondimento e ulteriori accertamenti.

     

    Fonte: Cityrumors

    LILT in azione: la prevenzione parte dalla Sicilia

    Trapani e Palermo sono in prima fila per il mese della prevenzione: da Ottobre, per diciotto mesi, la LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori)   promuoverà in entrambe le città un progetto finalizzato alla prevenzione del tumore alla cervice.

    Per diciotto mesi le donne di età compresa tra i 30 e i 64 anni potranno sottoporsi gratuitamente al test HPV-DNA (il test identifica la presenza di infezione da Papilloma Virus) negli ambulatori LILT delle due città siciliane. L’iniziativa prevede anche la creazione di  sportelli di ascolto sia per gli uomini sia per le donne di supporto psicologico per coloro che sono risultati positivi all’infezione da HPV.

    La campagna comprende momenti di divulgazione sull’importanza dello screening nel prevenire il tumore alla cervice uterina.

    Il Presidente della LILT Nazionale, Francesco Schittulli, si è soffermato sull’importanza della prevenzione come “arma efficace che lotta e vince contro la malattia” e ha commentato: “Il nostro obiettivo è la mortalità zero per il cancro alla cervice uterina, così come per tutti gli altri tipi di tumore. Per fare questo dobbiamo informare i nostri giovani sui rischi e aiutarli a fare prevenzione”.

    Il Presidente della LILT, Sezione Provinciale di Palermo, Giuseppe Palazzotto, ha presentato il programma del progetto e  messo in evidenza l’importanza dell’HPV-DNA test. “Quello che presentiamo oggi – ha detto Palazzotto – è un progetto-pilota che proponiamo gratuitamente alle donne di Palermo e Trapani e che poi aprirà la strada ad altri enti. L’obiettivo è allargarlo alle altre LILT a livello regionale, e non solo”.

    Fonte: http://palermo.gds.it/2015/09/19/palermo-la-lilt-presenta-il-progetto-per-la-prevenzione-del-tumore-alla-cervice-uterina_412103/

    Non è un tumore (solo) per giovani

    Quando pensiamo al Papilloma virus (HPV) ci immaginiamo donne giovani, in età compresa spesso tra i 15 e 25 anni o poco più adulte. E siccome il virus – contratto per via sessuale – può provocare neoplasie al collo dell’utero, ecco che in automatico cadiamo nel tranello di considerare immuni le donne in età avanzata.

    Uno studio della Keele University pubblicato sul British Medical Journal contraddice quanto appena detto, dimostrando che la metà delle morti dovute al cancro al collo dell’utero riguarda donne con più di 65 anni.

    Scatta subito un campanello d’allarme: è infatti probabile che tra queste donne non vi sia la percezione del rischio di andare incontro a questo tipo di tumore, ed è per questo che forse si sottraggono più facilmente ai controlli. Le morti per tumore alla cervice uterina tra le donne anziane invece crescono, mentre lo stesso studio conferma che nelle donne tra i 50 e i 64 anni che si controllano regolarmente il rischio di ammalarsi di questa patologia è veramente basso.

    Alla luce di questi risultati, è chiaro che è necessario rivedere le campagne di sensibilizzazione: fino a ora le giovanissime sono state prese d’assalto come target di qualsiasi tipo di comunicazione volta a evitare superficialità e scarsa attenzione al problema, soprattutto a seguito di numerosi decessi che – a quell’età – fanno ancora più scalpore. In realtà i test di screening dovrebbero coinvolgere tutte le donne, anche quelle over 60.

    Attualmente in Italia la prevenzione prevede la vaccinazione contro l’HPV entro i dodici anni e prima dell’inizio dell’attività 

     

    Fonte: Corriere

    In Lombardia screening oncologici gratuiti, ma pochi rispondono all’invito

    Gli screening oncologici sono spesso temuti per imbarazzo o forse per mancanza di tempo accompagnata dalla sensazione che “a me non succede”. Ed è così che si evita l’invito dell’Asl al pap test, consigliato almeno ogni tre anni. In Lombardia sono sette le Asl che hanno protocolli di prevenzione oncologica gratuiti nella fascia di età a rischio: il pap test rientra tra questi esami, allo scopo di identificare precocemente i tumori alla cervice dell’utero, e l’invito è rivolto a tutte le donne dai 25 ai 64 anni di età. Al Policlinico di Pavia però solo una donna su due accetta l’invito, quindi solo il 50%. Le Asl di Brescia e Mantova sfiorano il 60%, mentre Lodi arriva a stento al 40%. «Abbiamo tassi di adesione bassi – conferma Giancarlo Magenes, responsabile degli screening oncologici per l’Asl di Pavia –. Paghiamo il fatto di essere partiti tardi e che non tutti credono alla prevenzione». Questi dati sono i dati già corretti con la popolazione che ha già fatto un test fuori dallo screening gratuito dell’Asl, altrimenti le percentuali si fermerebbero al 40%. Va meglio, invece per la mammografia: risponde il 60% delle 70mila donne tra i 50 e i 69 anni chiamate a fare l’esame ogni due anni per intercettare precocemente il tumore al seno.

    L’Asl di Pavia, manda un invito a 45mila donne l’anno (150mila ogni tre anni è la popolazione completa) con indicato giorno e ora dell’appuntamento. Solitamente tra le donne che si sottopongono all’esame gratuito, per il 2,5% scatta una visita successiva, per approfondire.

    «Si viene invitate a un controllo aggiuntivo, la colposcopia – spiega Magenes –. E in questi casi la quasi totalità delle donne va a fare gli accertamenti supplementari». Ogni anno si trovano dai 2 ai 4 tumori avanzati: «Questi casi riguardano in particolare donne che non hanno mai fatto il pap test, che invece permette di trovare lesioni precoci che possono essere trattate», spiega Magenes.

    A livello mondiale l'American College of Physicians ha stilato una serie di regole per lo screening del cancro alla cervice uterina, in modo da evitare e ridurre quelle non necessarie in donne a un livello normale di rischio. Per coloro che invece hanno rischio elevato, come chi ha lesioni precancerose o un sistema immunitario compromesso, tali regole non sono valide. Queste norme sono state fatte proprie dalle Asl e dicono essenzialmente di non effettuare test prima dei 21 anni e che questo deve ripetersi ogni tre anni. Inoltre nelle donne di età compresa tra 30 e 65 anni si può effettuare uno screening combinando il classico pap test con l’esame per identificare la presenza del papilloma virus, responsabile di questo tumore. Dopo i 65 anni è possibile interrompere lo screening.

     

    Fonte: La Provincia Pavese

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