Immunoterapia: risultati entusiasmanti in numerose patologie. E nel cancro colorettale?
Kroemer G. et al, Oncoimmunology 2015
Il cancro è una malattia genetica, determinata e alimentata dal susseguirsi di mutazioni somatiche, acquisite cioè nel corso della vita da alcune cellule dell’organismo e capaci di alterare processi essenziali per la vita e la morte cellulare. Evidenze sempre più solide sottolineano il contributo sostanziale del microambiente tumorale allo sviluppo del tumore e alla risposta ai trattamenti messi in campo. Un ruolo cruciale nella dialettica tumore-ospite è giocato dal sistema immunitario dell’ospite stesso, ovvero il paziente, impegnato a contrapporsi alla crescita disordinata e priva di regole della massa tumorale. Come sfruttare al meglio l’impegno del sistema immunitario nell’arginare la crescita tumorale? La risposta immunitaria è il risultato di un equilibrio estremamente sofisticato e delicato tra segnali di stimolo e freni inibitori che si autoinnescano per limitarne l’entità. La rimozione di tali freni inibitori si è dimostrata una strategia efficace in diverse patologie tumorali: l’inibitore di CTLA4 ipilimumab e gli inibitori di PD1 pembrolizumab e nivolumab hanno riportato risultati soddisfacenti nel trattamento del melanoma metastatico, del carcinoma polmonare, mammario e renale. Sebbene non tutti i pazienti beneficino di tali strategie, casi di risposte durevoli nel tempo sono molto più che aneddotici.
E nel carcinoma colorettale?
Sebbene l’impatto del “contesto immunitario” sulla prognosi dei pazienti operati di carcinoma colorettale sia noto da tempo, ed anzi il carcinoma del colon-retto sia stata una delle prime patologie in cui il ruolo del sistema immunitario è stato indagato, ad oggi nessuna strategia immunoterapica è entrata nella pratica clinica.
Risultati incoraggianti sebbene preliminari si sono osservati in uno specifico sottogruppo di pazienti: quelli i cui tumori presentano un determinante molecolare denominato “instabilità microsatellitare”. Tali tumori, caratterizzati da una peculiare patogenesi, presentano difetti nei sistemi di riparazione del DNA, una sorta di “paracadute” su cui le cellule normali possono contare in caso di imprevisti errori nella replicazione del loro DNA al momento della divisione cellulare. Di conseguenza, un elevato numero di mutazioni insorge in queste cellule, che presentano così un elevato carico di proteine “anomale”, riconosciute e attaccate dal sistema immunitario.
L’inibitore di PD1 pembrolizumab si è dimostrato attivo nel trattamento di pazienti con carcinoma colorettale metastatico refrattario ai trattamenti convenzionali e con instabilità microsatellitare, corrispondenti a circa il 5% di tutti i carcinomi colorettali metastatici. Se quindi l’individuazione dei pazienti che potrebbero beneficiare di un trattamento immunoterapico consente oggi di offrire loro un’importante opzione terapeutica, sebbene sperimentale, il contributo della ricerca traslazionale sarà d’ora in poi essenziale per comprendere e sfruttare al meglio i meccanismi alla base della potenziale efficacia dell’approccio immunoterapico anche nel carcinoma colorettale.
- L’immunoterapia, ovvero l’adozione di strategie che sfruttano l’azione del sistema immunitario dell’ospite, ha riportato risultati soddisfacenti in diverse patologie neoplastiche.
- Ad oggi nessun farmaco immunoterapico è approvato per il trattamento del carcinoma colorettale.
- Evidenze preliminari molto incoraggianti evidenziano l’attività dell’inibitore di PD1 pembrolizumab in pazienti con carcinoma colorettale metastatico con instabilità microsatellitare.
- Ulteriori studi clinici e traslazionali sono fortemente attesi per sfruttare al meglio le strategie immunoterapiche anche nel trattamento del carcinoma colorettale.
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Autori dei Commenti
Mario Scartozzi
Oncologia Medica all’AOU, Azienda Ospedaliera Universitaria, di Cagliari. Università degli Studi di Cagliari
Chiara Cremolini
Oncologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa