Buone notizie per gli amanti del caffè da uno studio osservazionale statunitense
Guercio. et al, J Clin Oncol 2015
Il consumo di caffè può associarsi a riduzione del rischio di recidiva e morte in pazienti radicalmente operati di carcinoma colorettale in stadio III, ovvero con interessamento dei linfonodi locoregionali ma senza lesioni ripetitive a distanza: queste le conclusioni di uno studio osservazionale condotto negli Stati Uniti.
Estremamente apprezzabile l’intento degli sperimentatori di sfruttare il più possibile l’occasione di uno studio clinico, in questo caso mirato a confrontare due diversi trattamenti chemioterapici in termini di riduzione del rischio di recidiva e morte da carcinoma colorettale, per raccogliere informazioni approfondite sull’impatto prognostico di alimentazione e stile di vita.
Veniva, infatti, richiesto ai pazienti arruolati nello studio di compilare questionari piuttosto dettagliati sulle proprie abitudini alimentari in due momenti successivi: 4 mesi dopo l’intervento chirurgico, ovvero durante la chemioterapia adiuvante prevista dallo studio, e 14 mesi dopo l’intervento chirurgico, ovvero approssimativamente 6 mesi dopo la fine della chemioterapia adiuvante, quando si ipotizza che le abitudini di vita non siano più influenzate dai possibili effetti collaterali del trattamento.
Ogni tazza in più di caffè al giorno contribuisce a prolungare la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza complessiva dei pazienti osservati. In particolare, i pazienti che consumano 4 tazze di caffè ogni giorno hanno una riduzione del rischio di recidiva di malattia e di morte rispettivamente del 42% e del 29%. Risultati del tutto analoghi si registrano considerando l’esclusivo consumo di caffè caffeinato, mentre non si replicano nei sottogruppi molto più limitati dei pazienti che dichiaravano di consumare caffè decaffeinato o tè.
Coerenti anche i risultati dei modelli multivariati che tengono in considerazione anche il possibile impatto di altri fattori legati allo stile di vita sul rischio di recidiva e morte, quali la dieta occidentale, l’elevato carico glicemico, il consumo di bevande zuccherate, oltre ai fattori prognostici legati all’estensione della patologia colorettale.
Gli autori propongono anche una spiegazione biologica dell’associazione riportata: il caffè sarebbe in grado di migliorare l’insulino-sensibilità e, di conseguenza, di ridurre i livelli di insulinemia. Precedenti esperienze avevano, infatti, mostrato una relazione inversa tra consumo di caffè e sviluppo di diabete mellito di II tipo (non-insulino dipendente e spesso associato a sindrome metabolica), dovuto probabilmente all’effetto della caffeina sull’adiponectina, i cui più elevati livelli avrebbero effetto insulino-sensibilizzante.
Altre ipotesi riguardano le proprietà anti-ossidanti, anti-infiammatorie, anti-angiogeniche e anti-metastatiche della caffeina.
I risultati ottenuti dai ricercatori statunitensi, certamente interessanti e meritevoli di attenzione, dovranno essere validati in casistiche indipendenti per testarne la riproducibilità e valutarne l’applicabilità in programmi mirati alle modifiche dello stile di vita di pazienti operati di carcinoma colorettale.
- Il consumo di caffè si associa a riduzione del rischio di recidiva e morte in pazienti radicalmente operati di carcinoma colorettale in stadio III.
- Tale associazione si mantiene significativamente anche dopo correzione per altri fattori prognostici legati alla malattia e alle abitudini di vita, suggerendo il ruolo del caffè come predittore indipendente di sopravvivenza libera da malattia e globale.
- Il caffè sarebbe in grado di modulare positivamente l’insulino-sensibilità, verosimilmente attraverso l’azione di un ormone del metabolismo denominato adiponectina.
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Autori dei Commenti
Mario Scartozzi
Oncologia Medica all’AOU, Azienda Ospedaliera Universitaria, di Cagliari. Università degli Studi di Cagliari
Chiara Cremolini
Oncologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa