La storia
L’estrazione di proteine a scopo terapeutico è iniziata intorno al 1920, con l’estrazione dell’in sulina dal pancreas di suini e bovini, per la cura del diabete. Successivamente, dal sangue umano sono stati estratti i fattori VIII e IX della coagulazione, per la cura dell’emofilia, mentre da cadaveri umani veniva estratto l’ormone della crescita per la cura del nanismo. [1] L’uso di queste proteine naturali, sebbene abbia rappresentato un importante passo avanti nella gestione delle singole patologie, era associato a 2 principali problematiche:
- la scarsa disponibilità delle fonti, per cui i farmaci erano molto costosi e disponibili in quantità limitate;
- i possibili rischi per la salute. Molti pazienti emofiliaci acquisirono attraverso il trattamento l’infezione da virus dell’epatite B e C e, prima che venisse scoperto, quello dell’AIDS. [1]
Entrambi questi problemi sono stati superati con l’introduzione delle biotecnologie. Verso la fine degli anni ΄70 gli sviluppi negli ambiti del DNA ricombinante e dell’ingegneria genetica gettarono le basi dell’industria biotecnologica, che fu in grado di produrre un’ampia gamma di proteine terapeutiche con la composizione delle proteine umane ma prodotte da cellule non umane, in condizioni strettamente controllate. [1]
La figura 1 illustra un metodo di produzione dell’insulina umana: il gene che codifica la sintesi dell’insulina viene inserito in un plasmide batterico che a sua volta trasporta il gene in una cellula batterica che si replica e produce l’insulina umana (figura 1). [1]
Figura 1 in Rif. 1
Sempre alla fine degli anni ’70 gli scienziati scoprirono un’altra strategia per utilizzare cellule
animali per produrre quantità illimitate di specifiche proteine. La nuova tecnica utilizzava un ibridoma per produrre un anticorpo monoclonale (figura 2). [1]
- Gli ibridomi sono cloni di linee cellulari ottenute fondendo cellule spleniche di topo, in grado di produrre un anticorpo, con cellule di linfoma rese immortali. [1]
- Gli anticorpi sono glicoproteine secrete da linfociti B specializzati, denominati plasmacellule
- Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi prodotti da un singolo clone di cellule. [2]
Figura 2. Produzione di anticorpi monoclonali con l’uso di un ibridoma [1]
Sequenza per la produzione di un anticorpo monoclonale da un ibridoma:
1. Un topo viene immunizzato mediante iniezione di un antigene X per stimolare la produzione di un anticorpo diretto contro l’antigene X
2. Le cellule che producono anticorpi vengono isolate dalla milza del topo
3. Gli anticorpi monoclonali vengono prodotti fondendo una singola cellula che produce anticorpi con cellule tumorali cresciute in coltura
4. La cellula risultante è denominata ibridoma. Ogni ibridoma produce quantità relativamente elevate della medesima molecola anticorpale
5. Facendo moltiplicare l’ibridoma in coltura è possibile ottenere una popolazione di cellule che producono tutte lo stesso anticorpo.
Figura 2 in Rif. 1
Gli anticorpi sono detti monoclonali perché sono prodotti dalla progenie di una singola cellula clonata che produce anticorpi
1 - L’invenzione dell’ibridoma per produrre gli anticorpi monoclonali fu fatta da Georges Kohler e Cesar Milstein nel 1975, che per questo vinsero il Premio Nobel nel 1984. Nel 1986 fu approvato dalla FDA il primo anticorpo monoclonale, utilizzato per prevenire il rigetto dei trapianti. [3]
Tuttavia gli anticorpi ottenuti da ibridoma di topo, poiché costituiti al 100% da sequenze proteiche murine, venivano riconosciuti dal sistema immunitario dell’uomo come sostanze estranee, causando la formazione di anticorpi umani anti-topo che, interagendo con gli anticorpi monoclonali, ne causavano la breve permanenza in circolo, la ridotta efficacia e in alcuni casi un’elevata tossicità per il paziente. [1,3]
Per superare tali problemi i ricercatori svilupparono strategie di DNA ricombinante per la realizzazione di anticorpi monoclonali più umanizzati e meno immunogenici (figura 3). [4]
2 - Le prime modifiche portarono alla realizzazione di un anticorpo chimerico in cui la regione variabile era murina e le porzioni restanti umane, riducendo ma non eliminando totalmente il rischio di immunogenicità.
3 - Il passo successivo fu la realizzazione degli anticorpi umanizzati, nei quali le sequenze murine erano sostituite da sequenze umane ad eccezione di quelle che si trovano all’interno delle regioni, che determinano la complementarità di legame con l’antigene. [4]
4 - La realizzazione di anticorpi monoclonali completamente umani fu resa possibile solo dallo sviluppo di tecniche che utilizzavano fagi, o più recentemente topi transgenici (figura 4).[4]
Figura 3. L’umanizzazione degli anticorpi terapeutici ne ha ridotto l’immunogenicità [4]
Figura 2 in Rif. 4
Figura 4. Produzione di anticorpi monoclonali umani con l’impiego di topi transgenici [4]
Figura 3 in Rif. 4
1 - In cellule staminali embrionali di topo sono stati inattivati i geni preposti alla sintesi delle catene pesanti e leggere degli anticorpi murini.
2 - Con queste cellule sono stati generati topi omozigoti che avevano perso la capacità di formare anticorpi di topo.
3 - In altre cellule staminali embrionali di topo sono stati introdotti i geni per la sintesi degli anticorpi umani.
4 - Con queste cellule sono stati generati topi transgenici in grado di produrre sia anticorpi umani sia anticorpi di topo.
5 - I topi che avevano perso la capacità di produrre gli anticorpi di topo sono stati incrociati con i topi transgenici (con anticorpi sia umani sia di topo).
6 - Da questo incrocio è stato ottenuto un ceppo di topi in grado di produrre anticorpi completamente umani e incapace di produrre anticorpi di topo.
7 - I topi sono stati immunizzati e dalla loro milza sono state isolate le cellule-B in grado di produrre anticorpi.
8 - Le cellule-B sono state fuse con linee cellulari rese immortali ottenendo degli ibridomi.
9 - La tecnologia degli ibridomi è stata, infine, utilizzata per produrre anticorpi monoclonali completamente umani.
Questa tecnologia è particolarmente vantaggiosa dal punto di vista produttivo, perché ogni ibridoma può produrre grandi quantità di anticorpi identici completamente umani, può essere coltivato indefinitamente e selezionato per identificare anticorpi con la specificità, l’affinità e l’attività mirata desiderate. [4]
Struttura molecolare di un anticorpo monoclonale
Ogni anticorpo monoclonale presenta profilo unico, in relazione a: [5]
- regione di legame con l’antigene
- funzione effettrice citotossica dell’Fc
- legame ai recettori dell’Fc
Elaborazione grafica da riferimento 6
Nel 2016 i 20 farmaci più utilizzati saranno biologici e, tra questi, ben 7 saranno anticorpi monoclonali [7]
Bibliografia
- Kleinberg M et al. Current and future considerations for the new classes of biologicals. Am J Health Syst Pharm 2004; 61(7): 695-708.
- Lipman NS et al. Monoclonal versus polyclonal antibodies: distinguishing characteristics, applications, and information resources. ILAR J 2005; 46(3): 258-268.
- Li J et al. Research and development of next generation of antibody-based therapeutics. Acta Pharmacol Sin 2010; 31(9): 1198-1207.
- Foltz IN et al. Evolution and emergence of therapeutic monoclonal antibodies: what cardiologists need to know. See comment in PubMed Commons below. Circulation 2013; 127(22): 2222-2230.
- EMA. Guideline on similar biological medicinal products containing monoclonal antibodies – non-clinical and clinical issues http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Scientific_guideline/2012/06/ WC500128686.pdf
- Carter PJ. Potent antibody therapeutics by design. Nat Rev Immunol 2006;6(5):343-57.
- McCamish M, Woollett G. MAbs 2011; 3(2): 209-217.